Interviste

Intervista con Philippe Graffin, il francese di New York

01 Apr 2010

Ha sempre la valigia pronta Philippe Graffin, uno dei dieci migliori violinisti di oggi secondo l’autorevole magazine britannico Classic FM . Francese, 45 anni, Graffin vive a Londra, dove è conosciuto per alcuni importanti progetti di musica da camera alla Wigmore Hall, e fa la spola con gli Stati Uniti da quando è stato nominato artista “in residence” all’Università di New York.
Poi c’è il Festival Consonance a St. Nazaire, di cui è direttore artistico, e un’agenda concertistica che lo porta in giro per il mondo (una delle prossime tappe sarà l’Italia, Padova: il 6 e il 7 maggio, suonerà il Concerto op. 61 di Elgar con l’Orchestra di Padova e del Veneto). Inevitabile, insomma, che questa intervista si svolga a bordo di un taxi diretto all’aeroporto.

Maestro, perché ha scelto il Concerto di Elgar per il pubblico italiano?

Perché è molto bello e perché quest’anno è il centenario della sua prima esecuzione: fu Fritz Kreisler a tenerlo a battesimo a Londra, il 10 novembre 1910. Da ogni nota emerge la personalità di questo straordinario virtuoso che collaborò con Elgar alla stesura della parte violinistica.

Lei è noto anche per aver riscoperto brani rari o dimenticati: concerti per violino di Fauré, Saint-Saens, Samuel Coleridge Taylor. Quale ritiene sia il più importante?

Sono particolarmente orgoglioso di aver portato alla ribalta la partitura originale del Poème di Chausson, che è per quartetto d’archi, pianoforte e violino.

Dove lo ha trovato?

È stato un appassionato a scovare il manoscritto a Parigi, tra le bancarelle sulla Senna. Lo ha mostrato ad un esperto studioso di Chausson e alla fine la partitura è arrivata a me.

Lei ha detto che uno degli incontri decisivi è stato con Menuhin: ce lo racconta?

Lo conobbi in Austria al Concorso “Kreisler”, dove arrivai tra i finalisti, mentre lui era tra gli ospiti d’onore. Poi abbiamo suonato insieme e mi ha insegnato molte cose. Ma soprattutto in Menuhin mi sembrava di sentir rivivere l’anima musicale di Enescu. Le sue idee, il suo stile, il suo modo di suonare venivano tutti da lì.

Ha suonato anche con un’altra leggenda. Rostropovich. Com’è andata?

È stato un caso, mi chiamarono per sostituire Maxim Vengerov. Fu un concerto memorabile, anche perché scoprii quello che sarebbe diventato uno dei miei compositori preferiti: il russo Rodion Shchedrin.

Nel suo repertorio c’è molta musica contemporanea: i suoi autori preferiti?

Oltre a Shchedrin, mi vengono in mente Vytautaus Barkauskas, David Matthews, Yves Prin, Vassili Lobanov e Philippe Hersant.

Perchè secondo lei il pubblico continua ad essere diffidente verso gli autori di oggi?

È vero, purtroppo molti brani hanno solo “prime” e nessuna seconda o terza esecuzione. Forse dipende dal modo in cui noi interpreti suoniamo, oppure dal fatto che nelle programmazioni ci sono barriere troppo rigide tra scuole ed interpreti.

Come artista “in residence” all’Università di New York, cosa importerebbe volentieri in Europa del modello americano?

Primo, la disciplina. Secondo, la cura estrema del suono: lì le sale hanno un’acustica molto secca e bisogna conquistare ogni decibel. E poi la musica da camera, che per loro è un elemento essenziale nella formazione di un musicista.

Perchè ha scelto un violino di Domenico Busano, costruito a Venezia nel 1730?

Ha un suono meraviglioso, non particolarmente potente, ma dolce e seducente, caratteristico della scuola veneziana.

Lei è stato incoronato dal “Classic FM” tra i dieci migliori violinisti. Chi metterebbe nella sua personale “Top-ten”?

Sicuramente Menuhin, Heifetz e Milstein. E poi Gidon Kremer, Pinchas Zuckermann, e , anche se poco conosciuto, il belga Arthur Grumiaux.

Alice Bertolini , Suonare News ©, Aprile 2010 – Anno 16, n. 160

Biglietti

  • INTERO € 20
  • RIDOTTO UNDER 35 € 20

I biglietti sono in vendita online su WEBtic e dal 15 marzo anche presso Gabbia Dischi (via Dante 8, Padova). Si precisa che i posti non sono numerati: la scelta del posto nella pianta risponde esclusivamente ad una esigenza di carattere tecnico e non è in alcun modo vincolante.


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