Interviste

Strumento di cultura. A colloquio con Filippo Juvarra

02 Mag 2011

STRUMENTO DI CULTURA
A colloquio con Filippo Juvarra, direttore artistico della dinamica fomazione sinfonica veneta

L’Orchestra di Padova e del Veneto è da 45 anni una delle realtà più importanti nel panorama musicale italiano. Costituitasi nell’ottobre del 1966 come organico dedicato al sinfonismo classico, ha con gli anni coltivato questa specializzazione aprendosi progressivamente a stimoli sempre differenti. Ha avuto tra i suoi leader e direttori personalità di straordinaria caratura artistica tra i quali Piero Toso, Peter Maag e Bruno Giuranna che ne hanno tracciato le coordinate estetiche e tecniche, consolidando la fama dell’orchestra sul territorio nazionale come all’estero. Nel corso della sua lunga storia l’OPV ha visto la collaborazione delle stelle più luminose del firmamento concertistico internazionale (dalla Argerich a Zimerman, solo due nomi di un elenco enorme non solo per quantità): circa 120 concerti l’anno e una discografia che è arrivata a 41 titoli danno l’idea dello spessore di una formazione che per i meriti artistici acquisiti è stata riconosciuta dallo Stato Italiano come l’unica Istituzione Concertistico-Orchestrale (I.C.O.) del Veneto. Dal 1994, ma già collaborava dagli anni ’80, il responsabile della programmazione artistica è Filippo Juvarra, musicista e studioso che ha saputo raccogliere e far fruttare la preziosa eredità di Giuranna, consolidando l’eccellenza dell’Orchestra e, nello stesso tempo, proiettandola verso nuove sfide artistiche. Nessuno meglio del maestro (o professore, visto che alla carriera artistica affianca quella di docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia) Juvarra conosce in profondità l’OPV.

Potrebbe sinteticamente parlarci della fisionomia dell’orchestra e delle sue specificità?

Nella storia dell’Orchestra di Padova e del Veneto – che fino al 1983 è unita a quella de “I Solisti Veneti” di Claudio Scimone – l’esperienza alla quale posso fare riferimento è quella successiva al 1983-1984 quando è cominciata la mia collaborazione come assistente alla direzione artistica di Bruno Giuranna. È a Giuranna (e poi anche a Peter Maag, direttore principale) che si deve l’idea di costituire una realtà artistica modellata sull’esempio delle più importanti orchestre da camera europee e che avesse al centro dei suoi repertori la grande letteratura del classicismo viennese (Haydn, Mozart, Beethoven). Una letteratura che naturalmente l’Orchestra ha potuto propriamente interpretare grazie alla lezione di magistero strumentale, musicale e stilistico portata da questi due grandi maestri.

Un’organico avviato al mezzo secolo di vita, parte integrante della storia musicale di questo paese; c’è un tratto distintivo che è rimasto intatto nel suo percorso evolutivo dal 1966 ad oggi?

La centralità di questo repertorio – e che è testimoniata anche da un’importante attività discografica premiata anche con il Grand Prix du Disque nel 1989 – è rimasta fino ad oggi, anche se a essa si è sempre affiancata una attenzione al Novecento storico e alla musica contemporanea, attenzione animata sempre da uno spirito di ricerca verso repertori poco frequentati e ciò nondimeno di grande interesse. È uno spirito che ha avuto l’importante riconoscimento del Premio Abbiati nel 2002. La vocazione dell’OPV è quella di essere uno strumento di cultura prima nella propria città, regione e poi anche all’esterno (in Italia e all’estero) e che opera per la formazione e la crescita del proprio pubblico. È solo la bontà di queste attività che proietta la nostra realtà al di fuori di Padova.

In che modo il suo operato si connette con quello dei suoi predecessori e quali invece ritiene siano le principali novità prospettiche sviluppate sotto la sua direzione artistica?

Mi sono sempre trovato del tutto a mio agio nel ruolo di ‘custode della musica’ a fianco di Bruno Giuranna e Peter Maag. Il percorso avviato allora si è sviluppato gradualmente ed oggi siamo in grado di affrontare con successo repertori impensabili una volta come, ad esempio, l’integrale delle Sinfonie e dei Concerti di Johannes Brahms. Alla mia direzione artistica posso attribuire da un lato l’intenzione di una maggiore curiosità nella esplorazione dei repertori (alla cui conoscenza contribuisce forse anche il mio ruolo di Bibliotecario del Conservatorio di Padova) e dell’altro la ricerca di un contatto e di una collaborazione con le associazioni concertistiche (in tal senso mi è stata di auto l’esperienza di direttore artistico degli Amici della Musica di Padova dall’inizio degli anni Settanta fino ad oggi). La nostra formazione in tal senso è stata ed è l’Istituzione concertistico orchestrale maggiormente presente nei cartelloni delle più importanti associazioni concertistiche italiane (da Roma a Milano, da Torino a Genova…)

È la terza occasione che l’Orchestra e Amadeus collaborano a un progetto discografico (n. 186, maggio 2005 e n. 204, novembre 2006). Mozart è un autore che l’OPV conosce profondamente e col quale ha sempre avuto un rapporto privilegiato. Quale approccio ha contraddistinto l’interpretazione dei Concerti per pianoforte e orchestra presenti in questa incisione?

Quella con Andrea Bacchetti è una collaborazione antica che si è sviluppata anche con altri autori (Bach, Beethoven e molti altri) e grazie anche alla collaborazione delle Serate Musicali di Milano. Nuova e felice invece quella con Carlo Goldstein. L’approccio complessivo interpretativo è da leggersi in quella consapevolezza stilistica che l’Orchestra ha sviluppato da tempo e che aggiorna continuamente anche con un’attenzione – pur essendo un’orchestra con strumenti di oggi – alle proposte più interessanti della prassi esecutiva così detta ‘storicamente informata’.

Avete un’attività discografica e concertistica molto intensa: quali sono i principali progetti per il futuro?

Ad aprile ci sarà la conclusione del ciclo brahmsiano (l’ultimo concerto, il 7 e 8, ha come protagonisti Massimo Quarta ed Enrico Bronzi), poi il 18 e 19 la prima esecuzione in tempi moderni dell’oratorio “La Passione di Gesù Cristo” di Paër (che sarà anche inciso per l’etichetta Cpo) e la prima italiana di “Metropolis” di Fritz Lang con le musiche originali di Huppertz e la direzione di Helmut Imig (il 28 e 29). In futuro ci sono progetti di concerti a Monaco di Baviera, Brno e in Spagna, e alcune collaborazioni anche in ambito operistico.

I “tagli alla cultura” rischiano di mettere in ginocchio un largo numero di istituzioni musicali. Quali possono essere le strategie di sopravvivenza?

C’è bisogno di una continuità e di una proiezione temporale pluriannuale, che è frustrata invece alla logica del finanziamento anno per anno (e sempre, regolarmente, alla fine dell’anno!). Senza questa prospettiva è difficilmente pensabile la riorganizzazione di enti che hanno una struttura con personale fisso e una rigidità di assetto produttivo in cui quasi tutte le risorse vanno ai costi fissi. Accanto alla prospettiva temporale c’è bisogno di interventi congiunti (e concordi sugli obiettivi) di Stato, Regioni, Provincie e Comuni, superando la vocazione municipalistica che caratterizza la storia italiana e che porta alla moltiplicazione di orchestre, di stagioni liriche, di festival, di associazioni, di iniziative. Un processo che è da raccordare anche con il mondo della formazione professionale.
Solo queste prospettive possono salvare le basi di un sistema musicale nel quale coesistano produzione e distribuzione, tutela e sviluppo dell’occupazione e valorizzazione al tempo stesso della “ospitalità”, tradizione ed innovazione in un equilibrio che consenta a ciascuno di essere quello che è e di fare ciò per cui esiste: quindi – per quanto banale ed ovvia possa sembrare l’affermazione – un teatro lirico produrrà opere, un’orchestra concerti sinfonici e via dicendo.

Giuseppe Scuri, Amadeus, Aprile 2011

Biglietti

  • INTERO € 20
  • RIDOTTO UNDER 35 € 20

I biglietti sono in vendita online su WEBtic e dal 15 marzo anche presso Gabbia Dischi (via Dante 8, Padova). Si precisa che i posti non sono numerati: la scelta del posto nella pianta risponde esclusivamente ad una esigenza di carattere tecnico e non è in alcun modo vincolante.


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